Antoine Ferreira-Mendes: A Filo Scoperto

Antoine Ferreira-Mendes ricama corpi, ma non si limita a decorarli: li anima, li veste di filo e di immaginazione. Le sue figure – spesso uomini in mutande, creature dolci e vulnerabili, circondate da peluche e piccoli animali – sembrano sospese in un mondo a metà tra l’infanzia e l’età adulta, tra sogno e desiderio.

Antoine Ferreira-Mendes trasforma il ricamo in un linguaggio visivo intimo, nostalgico e al tempo stesso provocatorio. C’è un senso di attesa nei suoi personaggi, come se stessero aspettando qualcosa di irripetibile. E mentre il filo tesse corpi e storie, l’artista cuce anche un universo emotivo che sfugge alle categorie, dove il maschile e il femminile si confondono con grazia. Con il suo stile riconoscibile e fuori dal tempo, Antoine Ferreira-Mendes ci invita a rallentare, a osservare, a sentire.

Alienees

Cosa ti ha portato a scegliere il ricamo come tecnica principale per rappresentare il corpo umano?

Andavo spesso ai mercatini delle pulci con il mio fidanzato, a Parigi, e lì ho trovato molte tele che mi hanno ispirato. L’idea di ricamare i miei personaggi — che già disegnavo a matita e pennarello — mi incuriosiva. Ho iniziato con un cagnolino che avevo già disegnato… e non ho più smesso. Mi sembra che, ricamandoli, prendano vita. Li “vesto” di filo, anche se, spesso, sono poco vestiti.

Cosa cerchi di trasmettere attraverso i tuoi uomini ricamati?

Infanzia ed età adulta. Li immagino come le mie bambole.

E affrontano in mutande, birichini, affiancati dai loro peluche, animali e insetti domestici, tutte le prove e le tribolazioni del mondo.

Ma senza mai rinunciare alla loro vulnerabilità.

Alexandra Trotobas

Quali artisti o movimenti influenzano il tuo lavoro? Ci sono riferimenti che magari non sono immediatamente visibili nelle tue opere?

Ultimamente sono stato molto ispirato dal film Io sono l’amore di Luca Guadagnino. In particolare, alcune scene con Tilda Swinton: quando si annoia e ricama nella sua prigione dorata a Milano, e poi — più avanti nel film — quando piange il figlio sul suo lettino, con una grande collana di perle al collo e un peluche sotto il braccio. Ho realizzato un ricamo ispirato a quella scena, così straziante.

I colori che usi sono spesso insoliti o accesi. C’è un significato simbolico dietro questa scelta?

No, per niente. Sono semplicemente colori — o combinazioni di colori — che mi piacciono, che mi vengono in mente. Di solito, mentre sto lavorando a un ricamo, visualizzo già i colori del prossimo.

Alexandra Trotobas

Il ricamo è un processo lungo e meticoloso. Quanto tempo impieghi in media per completare un’opera?

Dipende dalle dimensioni. Un formato mini può richiedere un giorno, mentre per uno più grande mi servono settimane. Ed è un processo che amo molto.

Gli uomini che ricami esistono o nascono dalla tua immaginazione?

Spesso mi fotografo per disegnare, quindi all’inizio sono un po’ io la “bambola”. Poi i volti prendono forma nella mia immaginazione.

Emil Kosuge

A volte nei tuoi lavori compaiono figure femminili. Come si inseriscono nel tuo universo artistico?

Con molta delicatezza. A volte sento il bisogno che i miei personaggi siano più femminili, o meno maschili, o semplicemente… come vogliono essere.

Lou Chevret

I tuoi soggetti sembrano spesso sospesi in uno spazio indefinito. Sono alla ricerca di qualcosa?

Vivono tra realtà e sogno, infanzia ed età adulta, amore e attesa.

Mi piace immaginarli mentre aspettano un incontro, quell’ultimo momento di seduzione, sospesi tra una performance totale e un ozio disperato.

Con amici ne parliamo come di uno stato “disperatamente romantico”, che trovo super sexy.